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La Voce dell'acqua - Dalla crisi alle nuove opportunità - 17 09 20
Dialogo | 18 settembre 2020

Dalla crisi alle nuove opportunità

Nell'analisi di Valerio De Molli, Ad di The European House - Ambrosetti, sulle misure per rilanciare l’economia e il lavoro, l’esempio virtuoso di Acquedotto Pugliese.

Valerio De Molli
Valerio De Molli,
AD The European House - Ambrosetti

“Ogni crisi può diventare un’opportunità”. È stato il mantra del Forum Ambrosetti, svoltosi ai primi di settembre, come ogni anno dal 1975, nella suggestiva cornice di Villa d’Este a Cernobbio. Un’importante occasione di verifica e dibattito tra le maggiori personalità della politica, del mondo delle imprese, della cultura e dell’economia, con il contributo dei più qualificati analisti stranieri, sui temi più scottanti dell’attualità. Un appuntamento strategico per analizzare, in particolare, gli scenari macroeconomici e indicare le ricette dello sviluppo prossimo venturo; uno sviluppo che sia rispettoso dell’ambiente, minacciato dai gravi mutamenti climatici e dallo sfruttamento selvaggio delle risorse primarie, a cominciare dall’acqua, e che punti con maggiore convinzione sulle fonti rinnovabili, ma che soprattutto metta al centro il destino degli uomini, divisi da non più tollerabili disuguaglianze di carattere sociale, occupazionale, sanitario, tecnologico ed economico. Un orizzonte tematico, tracciato con efficace realismo dal managing partner e amministratore delegato di The European House - Ambrosetti, Valerio De Molli, che indicando le maggiori criticità dell’attuale, difficile momento storico, dominato dall’emergenza sanitaria - con le spaventose stime al ribasso del Fondo Monetario internazionale (-4,9% per tutto il pianeta e -10,8% per il nostro paese, il terzo dato peggiore in 150 anni di storia nazionale) - non ha mancato di sottolineare il ruolo delle istituzioni e delle aziende pubbliche nelle dinamiche legate al rilancio della produzione e dell’attività economica. Una grande sfida progettuale che tutti gli attori responsabili, sull’intero scenario mondiale, devono saper raccogliere per trasformare una crisi di proporzioni così colossali in una straordinaria opportunità di cambiamento e di crescita. Individuando soluzioni alternative di sviluppo e attingendo alle ingenti risorse messe in campo dai governi nazionali e sovranazionali, a cominciare dalla commissione europea. Un particolare ambito di analisi sul quale, vista la natura e il ruolo della nostra azienda, l’Acquedotto Pugliese, responsabile della gestione del ciclo integrato dell’acqua in un territorio così vasto e importante, con ricadute tanto positive sull’economia locale, abbiamo chiesto una riflessione mirata allo stesso De Molli.

Nel momento della ripresa, quando il Paese sembra aver voltato pagina rispetto all’emergenza sanitaria, appare fondamentale la capacità delle imprese pubbliche di rilanciare l’attività, con progetti finalizzati a potenziare e migliorare i servizi erogati ai cittadini. Qual è il quadro che si può tracciare?

L’emergenza sanitaria Covid-19 si inserisce all’interno di un quadro più ampio. Oggi, infatti, l’Europa si trova ad affrontare grandi sfide, tra cui i cambiamenti economici, climatici e tecnologici che svolgono un ruolo chiave nel modellare la società e gli stili di vita. In questo contesto, caratterizzato da una rapida accelerazione del cambiamento, si inserisce la situazione di crisi attuale, innescata dall’emergenza sanitaria. Se esiste un progetto capace di sviluppare una visione positiva del continente europeo, è senza dubbio lo Sviluppo Sostenibile. Ed è proprio per questo motivo che il messaggio che lanciano i cittadini è forte e chiaro: chiedono un’azione concreta per favorire la transizione verso modelli di produzione e consumo sostenibili e vogliono che siano l’Europa e i suoi stati membri ad aprire la strada. Non è un caso che la sostenibilità sia oggi in cima alle priorità dell’agenda politica europea. Per la prima volta la Commissione europea, nominata il 27 novembre 2019, ha istituito una delega ad hoc per il clima e previsto un piano da 1.000 miliardi di euro per rendere il continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, attraverso l’European Green Deal. La situazione di crisi che il pianeta attraversa ha ulteriormente sottolineato l’importanza di dotarsi di un sistema economico, sociale e ambientale sostenibile e resiliente. Le politiche di breve periodo per fronteggiare la crisi non bastano più: serve una visione di lungo periodo, capace di coniugare la ripresa economica con il nuovo paradigma di sviluppo sostenibile. In questo senso, la transizione sostenibile rimane un pilastro chiave per la ripresa economica e sociale europea. Partendo da questa considerazione, a maggio 2020 è stato presentato il piano Next Generation EU destinato a sostenere la ripresa dell’Unione Europea post-Covid.

Palazzo dell'Acqua
Palazzo dell'Acquedotto Pugliese

All’interno di questo contesto, le imprese di pubblica utilità, per la natura stessa del loro business, svolgono un ruolo strategico nella promozione di modelli di sviluppo sostenibili per le città e i territori e possono avere un impatto sulle principali direttrici dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare, potenziando e migliorando i servizi offerti e il benessere dei cittadini.Trasformare il potenziale in qualcosa di più concreto non è, tuttavia, sempre scontato. L’Italia detiene una tradizionale limitata capacità di impiegare risorse provenienti dal canale europeo. Guardando ai dati più recenti disponibili dal database dei fondi di coesione europei, per il periodo di programmazione 2014-2020, fatto 100 il budget di spesa (pari a 75 miliardi di euro, di cui 44 miliardi di origine europea e 31 miliardi di coinvestimento dell’Italia), la percentuale di risorse è pari al 73% dell’ammontare a disposizione: ad un solo anno di distanza dal termine previsto per l’utilizzo dei fondi, le risorse effettivamente spese sono solo il 35% del totale. Le società che si occupano dell’erogazione di servizi pubblici (siano esse pubbliche o private) sono chiamate a svolgere un ruolo proattivo nello sviluppo di progettualità concrete per attrarre i finanziamenti europei. In questa direzione assume estrema rilevanza la definizione di un framework regolatorio e operativo chiaro che consenta alle utility e multiutility di investire efficacemente nelle direzioni indicate dal piano Next Generation EU e in coerenza con gli obiettivi del Paese.

Semplificare l’iter amministrativo per consentire alle imprese pubbliche di tradurre in opere concrete i progetti di nuove opere, rispettando le condizioni e i tempi previsti dal Recovery Fund, è un tema di grande rilevanza. Cosa può dirci in merito?

Il tema degli iter amministrativi ha da sempre assunto un ruolo centrale nel dibattito politico ed economico del Paese. Questo aspetto, tuttavia, assume maggior rilievo se lo si considera all’interno delle dimensioni chiave della transizione verso un paradigma di sviluppo sostenibile, che coinvolge i tre ambiti chiave delle imprese di pubblica utilità: ciclo idrico, energia e gestione dell’ambiente e dei rifiuti. In questi tre ambiti l’Italia presenta criticità sistemiche da affrontare con la massima urgenza, abbinate a un quadro fortemente disomogeneo a livello territoriale. Il filrouge che lega tutti questi aspetti è, pertanto, la necessità di attivare le energie del Paese e di tutti i territori per rendere davvero possibili gli obiettivi di transizione sostenibile, oltre le innumerevoli storture della burocrazia italiana che attanagliano lo sviluppo di opere concrete e strategiche per la crescita economica e sociale del Paese. A questo aspetto si aggiunge il fenomeno Nimby (acronimo di Not In My Backyard), che indica la preferenza per la localizzazione di impianti in luoghi distanti dalla propria quotidianità, negando la realizzazione o frenando di fatto lo sviluppo, anche se sostenibile, di opere piccole, medie e grandi di interesse pubblico. Ad oggi sono 317 le contestazioni aperte. A questo proposito, mi piacerebbe soffermarmi su alcuni esempi concreti per rendere meglio l’idea. Il ciclo idrico è caratterizzato da un gap impiantistico e significativa eterogeneità territoriale. Secondo le analisi della Community Valore Acqua per l’Italia (la piattaforma di alto livello multi-stakeholder dedicata alla gestione della risorsa acqua come driver di sostenibilità e competitività di cui Acquedotto Pugliese è main partner) il Paese è dotato di infrastrutture idriche obsolete. Il 60% delle infrastrutture ha più di 30 anni e il 25% più di 50 anni e la metà dell’acqua distribuita viene dispersa (47,9%, rispetto ad una media europea del 23%), a fronte di una situazione molto eterogenea tra le diverse regioni. Il Paese presenta una situazione disomogenea anche per quanto riguarda la capacità di depurare e trattare le acque reflue, con una copertura media italiana dell’85% che si riduce ulteriormente se si analizza il carico trattato, arrivando al 78,5% a livello italiano, con picchi negativi del 68,9%. Per questo motivo, l’Italia è soggetta a 4 procedimenti di infrazione, con 2 sentenze confermate. Complessivamente, si stima che l’Italia dovrà pagare un totale non inferiore a 500 milioni di euro per tutto il periodo di non conformità dall’emissione della sentenza (tra il 2018 e il 2024). Occorre sbloccare le procedure e accelerare gli investimenti in infrastrutture. Risulta ormai evidente che senza l’accelerazione degli iter amministrativi non sarà possibile sbloccare i progetti delle nuove opere strategiche del Paese, rendendo impossibile colmare il gap impiantistico che ancora confina l’Italia agli ultimi posti delle classifiche europee.

Il tema della gestione delle risorse idriche, tra aumento dei fabbisogni e necessità di risparmio e riciclo delle acque, ha assunto un’importanza strategica per il benessere dei cittadini e lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali. Come giudica l’impegno delle utility pubbliche del settore in questa direzione?

Condotte AQP
Condotte di Acquedotto Pugliese

L’evoluzione demografica, la crescente urbanizzazione e i cambiamenti climatici sono fattori che concorrono a sottoporre la risorsa idrica a un livello di stress senza precedenti, nel mondo, in Europa e in Italia. La popolazione mondiale sta crescendo a un tasso 8 volte superiore rispetto al millennio precedente (circa 80 milioni di persone in più ogni anno). Nel ventesimo secolo i prelievi di acqua a livello mondiale sono cresciuti di cinque volte, a fronte di una perdita della metà delle risorse idriche interne e di una crescita demografica superiore al 200%. I progressivi cambiamenti socio-demografici e climatici hanno un impatto sulla risorsa acqua anche in Italia. A questo proposito, i dati dell’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia mostrano che il 21% del territorio nazionale è attualmente a rischio di desertificazione e gli eventi siccitosi sono sempre più frequenti e stanno colpendo i principali fiumi del Paese. Ne cito solo alcuni a titolo di esempio. La portata media del fiume Po è diminuita del 20% negli ultimi 30 anni. Inoltre, rispetto al valore medio del periodo 1971-2000 si registra, negli ultimi 19 anni (dal 2001 al 2019), un’importante riduzione dei volumi defluiti a mare, pari a -15%, per il Tevere. Nel primo trimestre 2020, le elevate temperature e la mancanza di piogge hanno causato la perdita di 23,4 miliardi di m3 di acqua, pari alla portata dell’intero lago di Como. Ma non è tutto: le fonti di approvvigionamento idrico stanno diventando motivo di preoccupazione nel Paese: in diverse regioni viene superata la soglia del 20% di sfruttamento delle risorse idriche. Il Distretto dell’Appennino Centrale è quello in cui le risorse idriche sono sottoposte al maggiore livello di stress, seguito dal Distretto di Sicilia e dal Distretto di Sardegna. Le inefficienze delle infrastrutture idriche hanno un impatto significativo sui cittadini e il loro benessere. Le perdite idriche ammontano a 3,5 miliardi di m3 di acqua, pari al consumo di circa 40 milioni di persone. Non sorprende, dunque, che nel 2019 la quota di famiglie italiane colpite da irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni abbia raggiunto l’8,6%, con forti disparità tra Nord e Sud del Paese. Non solo. Con 40 euro per abitante all’anno (rispetto a una media europea annua di 100 euro per abitante), l’Italia si posiziona negli ultimi posti nella classifica europea per investimenti nel settore idrico, davanti solo a Malta e Romania. Il valore attuale è stato raggiunto dopo l’ingresso nella Regolazione di ARERA del Servizio Idrico Integrato (SII), con conseguenti elevati benefici per stabilità e garanzia di tariffe adeguate alla copertura di costi operativi ed investimenti. Tuttavia, tale valore mantiene l’Italia negli ultimi posti della classifica UE per investimenti nel Servizio Idrico Integrato: il sistema attuale non è ancora sufficiente per permettere il recupero del gap infrastrutturale del Paese. Con l’attuale livello di investimenti nel settore idrico, sarebbero necessari 2,9 miliardi di euro addizionali all’anno per raggiungere il fabbisogno di investimenti necessario individuato da ARERA, 3,6 miliardi di euro addizionali all’anno per allinearsi alla media europea e 12,2 miliardi di euro all’anno per allinearsi alla media dei 3 best performer europei (Slovenia, Svizzera e Norvegia), assumendo che gli altri Paesi rimangano fermi. In tale contesto, lo sforzo dei gestori per ridurre le inefficienze ad oggi esistenti è stato importante. La performance evolutiva degli investimenti nel settore idrico mostra segnali di miglioramento. Gli investimenti dei gestori industriali operanti nel settore idrico sono più che triplicati tra il 2014 e il 2018, passando da 1,1 miliardi di euro a 3,5 miliardi, con un tasso di crescita medio annuo del 33%. Inoltre, gli investimenti annui programmati dai gestori tra il 2019 e il 2023 raggiungono 4,0 miliardi di Euro. Ad essere migliorato è anche il tasso di conversione tra investimenti programmati e realizzati. La quota media di investimenti realizzati tra il 2004 e il 2006 è stata del 49%, salita all’84% (+35 punti percentuali) nel biennio 2016-2017. Si registra una performance particolarmente positiva di Acquedotto Pugliese, che ha svolto un ruolo chiave di propulsore dell’economia reale a livello locale e nazionale bandendo gare per oltre 606 milioni di euro nei primi 8 mesi del 2020, d’intesa con la Regione Puglia, l’Autorità Idrica Pugliese e le amministrazioni locali. Nel pieno della situazione di crisi attuale legata all’emergenza sanitaria che ha paralizzato molte attività, Acquedotto Pugliese ha pubblicato 301 gare e ne ha aggiudicate 310. Oltre il 50% dei contratti è stato affidato ad aziende locali con un impatto molto positivo per il rilancio sostenibile del territorio. Nell’operato di Acquedotto Pugliese, come di tutte le multiutility, il cittadino è posto al centro di tutte le attività. In queste società, la relazione con il territorio di riferimento si è affermata quale asset fondamentale e leva strategica. La relazione con gli stakeholder locali viene rafforzata con un approccio strutturato e inclusivo, in modo da offrire adeguato ascolto alle istanze dell’utente/cittadino. Per questo motivo, la crescita degli investimenti delle multiutility svolge un ruolo di riferimento allo sviluppo economico e sociale dei territori in una prospettiva di incremento delle loro attrattività da molti punti di vista: ambientale, sociale, economica e produttiva. Complimenti quindi a tutte le aziende che con coraggio hanno aumentato i propri investimenti anche, e soprattutto, in questo momento di difficoltà. Come ricorda il mantra di The European House – Ambrosetti, “senza investimenti non c’è lavoro, senza lavoro non c’è crescita e senza crescita non c’è futuro”.

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