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Libro - Una breve storia degli acquedotti - Michele Mossa
Scritti sull'acqua | 18 gennaio 2021

Il patrimonio idraulico: la storia, la scienza, il campo dell'applicazione

L'antico legame fra l’uomo e l’acqua non può essere inteso in modo riduttivo; è un rapporto che si è evoluto e perfezionato nel tempo, che ha necessitato di studi e sperimentazioni nei campi della fisica, dell'ingegneria e dell'architettura e che ha trovato negli acquedotti la sua espressione concreta ed eclatante. In termini più prosaici, se oggi è scontato usufruire comodamente dell'acqua, lo si deve alle indagini dei "giganti", studiosi e ricercatori che per secoli hanno indagato la meccanica dei fluidi.  Questo tema, molto interessante per la laboriosità che lo sottende, è racchiuso nel volume "Una breve storia degli acquedotti e delle formule di progettazione dei condotti", pubblicato nell'ultimo scorcio del 2020 da Michele Mossa, professore ordinario di Idraulica e responsabile scientifico del Laboratorio di Ingegneria Costiera presso il Politecnico di Bari, con i tipi di Adda Editore.

Michele Mossa
Michele Mossa, autore del libro


Redatto con un linguaggio agile e svelto, anche fruibile ai non addetti ai lavori, la pubblicazione ha il pregio di essere destinata ad un pubblico ampio e diversificato che, inconsapevolmente, si confronta con l'idraulica nel quotidiano, ignorando, più spesso, che i condotti della sua città fanno parte di un sistema molto più articolato e complesso.

Il volume, corredato da un eccellente apparato iconografico, si articola in sei paragrafi, riconducibili a tre elementi fondamentali, in continuo dialogo fra loro: la storia, la scienza e il campo dell'applicazione. Sono i pilastri di un patrimonio idraulico che l'Autore ha inteso recuperare in forma sintetica per fornire un quadro il più possibile esaustivo. Il primo elemento, relativo alla storia sui sistemi di raccolta e di convogliamento delle acque nelle civiltà antiche (egiziana, mesopotamica, persiana, greca, cinese, indiana...), considera i sistemi di raccolta e canalizzazione utili a soddisfare le esigenze umane attraverso sistemi irrigui o reti complesse di condotti, spesso dotati di elementi architettonici singolari. In questo ambito, non possono mancare gli acquedotti romani, trattati in un capitolo ad hoc con annotazioni più approfondite, in cui è evidenziato l'alto livello di conoscenza nelle applicazioni dell'idraulica raggiunto nell'Impero: strutture che restano un unicum a livello architettonico e marcano ancora oggi paesaggi, territori e città, conservando intatta la grandezza di Roma, caput mundi.

Il secondo elemento, più tecnico-scientifico e più corposo anche per l'arco cronologico che abbraccia, riguarda lo studio delle correnti dal Medioevo fino al Novecento e propone una rassegna dei "giganti", cioè delle personalità che hanno contribuito allo sviluppo della meccanica dei fluidi e della progettazione degli acquedotti. Storia, empirismo, scienza e formule di resistenza al moto in rapporto alla tipologia di superficie dei condotti si intrecciano e si mescolano; da Leonardo da Vinci (1452-1519) ad Enrico Marchi (1925-2007), questo settore di studi è stato connotato per secoli da un "fervore investigativo" a livello internazionale, assolutamente inaspettato ed entusiasmante! Ma la ricerca non ha soluzione di continuità ed oggi si registra una "vitalità scientifica di rilievo" che, secondo l'Autore, «lascia presagire degli sviluppi interessanti per il prossimo futuro».

Il terzo aspetto, invece, è rappresentato dal campo di applicazione delle leggi teoriche, in cui l'Acquedotto Pugliese ha occupato un posto di rilievo a livello internazionale non solo per le sue dimensioni ma anche per le soluzioni ingegneristiche adottate, considerate piuttosto ardite ma necessarie per superare le problematiche di una regione calcarea e sitibonda. Eccellente è stata la capacità di sintesi dell’Autore, che ha semplificato le complesse vicende dell'acquedotto a partire dal 1861, relative alla scelta delle sorgenti di captazione, alla redazione dei vari progetti (fra gli altri, quelli di Rosalba, Zampari, Gaetano Bruno e D'Orsi, De Vincentiis, Bruno, Maganzini e Maglietta) e, non ultimo, ai costi di realizzazione e all’istituzione di uffici speciali presso il Genio Civile dei capoluoghi interessati.

Molto interessante è la descrizione dei caratteri ingegneristici dell’acquedotto pugliese, come la scelta di terreni abili a consentire l'utilizzo del cemento armato per le condotte in pressione lungo l’intero percorso dalla sorgente di Caposele (provincia di Avellino) e al Capo di Santa Maria di Leuca. Nei centri abitati, la distribuzione di acqua all'interno degli abitati privilegiava, invece, le condotte in ghisa, più costose ma più resistenti alle alte pressioni. Certo non mancarono alcune deroghe di carattere artistico come quelle, di notevole impatto estetico, destinate ai palazzi di Bari, di Foggia, al serbatoio di Altamura o alla scalinata monumentale di Santa Maria di Leuca, indirizzata a valorizzare la stessa infrastruttura e i luoghi attraversati.

In definitiva, il volume è un omaggio all’Acqua.  E «[...]nella consapevolezza che non può esserci vita e sviluppo senza acqua», l'Autore rimarca, in modo implicito, che è una risorsa preziosa da tutelare e da salvaguardare anche per il patrimonio di conoscenze e competenze che il suo utilizzo sottende e che ha negli acquedotti l’espressione più alta e nobile.

 

Francesca Ruppi

 

 

 

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