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NOTTE RICERCATORI
Sapere | 04 ottobre 2022

La lunga notte dei ricercatori: dai laboratori ai social

Dai laboratori ai social. La comunicazione scientifica non è più appannaggio di pochi, ma è ormai alla portata di tutti. Nel tempo, con l'avvento e la diffusione dei social, la divulgazione scientifica ha iniziato ad usare un linguaggio più semplice e coinvolgente. Se ne è parlato durante la Notte dei ricercatori e delle ricercatrici, la manifestazione promossa dall’Unione Europea per diffondere i temi della ricerca scientifica e dell’innovazione. Anche la città di Bari, come ogni anno, ha aderito all'iniziativa con l'allestimento di 32 stand negli spazi recuperati dell'ex caserma Rossani. Al centro un palco, sul quale si sono avvicendati studenti e ricercatori con l’intento di raccontare il forte legame esistente tra territorio e scienza. 

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E tra gli argomenti trattati anche l'evoluzione della comunicazione scientifica che, se in passato trovava la sua migliore espressione sui giornali, nelle riviste, in radio e in tv, oggi si è spostata anche sui social. Facebook, Instagram, Tik Tok accolgono sempre di più nuovi divulgatori che parlano in maniera diversa di scienza. 
“La comunicazione – ha spiegato Eleonora Loiodice, assegnista di ricerca presso il “Seminario di Storia della Scienza”, centro di ricerca interuniversitario, guidato dal professor Francesco Paolo de Ceglia - avviene soprattutto per immagini e video, nei quali si spiega in maniera semplice, veloce, creativa e gradevole un argomento anche molto complesso. Se la divulgazione è fatta bene e con le giuste informazioni, l’utente si diverte ed impara allo stesso tempo”. 
Non solo social, infatti, la divulgazione scientifica, lentamente si sta affacciando anche nel mondo dei podcast. Qui, come sottolineato da Eleonora Loiodice, funziona molto bene la tecnica dello storytelling, che lascia “con il fiato sospeso”. 
Uno tra i primi divulgatori scientifici ad entrare nelle case e nei cuori degli italiani è stato Piero Angela, che ha operato una vera e propria rivoluzione. Il 18 marzo del 1981, in seconda serata, infatti andava per la prima volta in onda su RAI1 quello che sarebbe diventato il programma di divulgazione scientifica per antonomasia: Quark. Piero Angela entrò nelle case degli italiani ed ebbe il merito di riuscire a tradurre, ossia a semplificare, il linguaggio altamente formalizzato di scienziati e tecnici e a rendere così tutta la scienza comprensibile. “Questa è stata l’eredità nel modo di fare divulgazione che ci ha lasciato Piero Angela – ha spiegato ancora la ricercatrice barese – una comunicazione alla portata di tutti, ma allo stesso tempo sempre dimostrata, attenta a non cadere mai nelle pseudoscienze e nelle fake news”.

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E a proposito di fake news, queste ultime hanno conosciuto una più vasta diffusione negli ultimi tempi. Con l'avvento dei social le bufale si sono infatti moltiplicate. La pandemia da Covid-19 non ha di certo aiutato, dimostrando ancora di più quanto sia fondamentale la divulgazione scientifica e quale sia la modalità di comunicazione sanitaria più efficace per temi così delicati. 
“La posta in gioco è l’ascolto e la fiducia della popolazione. Questa usufruisce dei vecchi media, ma anche dei social. In Italia – ha spiegato Eleonora Loiodice - la distonia di voci riguardanti la malattia e il vaccino ha creato confusione e gli utenti si sono sentiti chiamati a scegliere una posizione. Analizzando, dati alla mano, followers e share ottenuto da alcuni dei medici e divulgatori che hanno parlato di Covid-19, si è notato che l’utente, in questo pantheon di professionisti divi e divinizzati, preferisce chi è più rassicurante. L’utente – ha concluso la giovane ricercatrice barese - ha bisogno di uno stile comunicativo con il
quale si senta informato, rassicurato, ma allo stesso tempo ascoltato, compreso e non giudicato, proprio come se fosse protetto da un santo, come si faceva prima durante le epidemie”.

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