Recupero degli oli esausti: salviamo l’ambiente, aiutiamo la cosmesi
La loro valorizzazione può trasformarli da un problema ad una importante risorsa
Da essere un (grosso) problema ambientale, a diventare una (significativa) risorsa. Gli oli esausti, se conferiti in modo corretto, diventano una risorsa che aiuta l’economia generale e, al contempo, il benessere della persona. Tutto nasce dall’esigenza di gestire in modo corretto la raccolta degli oli che, se gettati nello scarico di casa o nel lavandino, provocano impatti ambientali rilevanti, rendendo difficoltoso e dispendioso il trattamento delle acque reflue.
Gli oli esausti domestici sono un rifiuto complesso da gestire, ma la loro valorizzazione, oltre ad essere una valida alternativa ai sistemi di smaltimento classici, può farli diventare, dopo adeguati trattamenti, una risorsa che può essere impiegata, ad esempio, per la produzione di lubrificante per macchine agricole o industriali, di sapone, o come base per il processo di produzione del biodiesel.
In Puglia è nata una nuova realtà che punta all’economia circolare creando nuovi materiali da scarti alimentari.
«Gli oli vegetali e i grassi animali – spiega Antonino Biundo, responsabile della start up REWOW – sono ingredienti essenziali nella preparazione e conservazione di cibi. In Italia, consumiamo annualmente circa 1.4 tonnellate di oli alimentari, ma non tutta questa quantità viene ingerita dall’organismo. Una percentuale viene convertita nei cosiddetti oli alimentari esausti, che in Italia equivalgono a circa 260mila tonnellate. La cottura degli oli alimentari ad alte temperature, come nel caso di processi di frittura, produce composti secondari che possono essere dannosi per la salute umana, non permettendo il riuso di questi composti in cucina. Inoltre, gli oli alimentari esausti, se non correttamente raccolti, possono avere un impatto negativo sull’ambiente. Infatti, solamente 1 kg di olio alimentare esausto può rendere non potabile una superficie d’acqua fino a 1000 metri quadrati. L’olio raccolto, circa 70 mila tonnellate, oltre ad essere usato come biocarburante, attraverso processi innovativi può produrre materiali ad alto valore aggiunto come la bioplastica».
La startup innovativa REWOW usa un processo biotecnologico per trasformare questo scarto dannoso sia per l’uomo che per l’ambiente in una risorsa preziosa seguendo i principi dell’economia circolare e della bioeconomia. L’idea di REWOW è nata in Svezia durante il primo assegno di ricerca postdoc al KTH di Stoccolma di Antonino Biundo, biotecnologo industriale laureato all’Università degli Studi di Palermo e con un dottorato di ricerca in Biotecnologie e Scienze Agrarie presso la University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna (Austria). Tornato in Italia, grazie ad un assegno di ricerca postdoc all’Università degli Studi di Bari, Biundo insieme ad altri due giovani – Ilaria Lorusso, avvocato e consulente presso il Consiglio regionale della Puglia, e Alessandro Cristiano, che dopo nove anni nella marina militare ha deciso di esplorare il mondo del business attraverso un MBA presso la SDA Bocconi – hanno costituito la startup innovativa REWOW.
Il principio è sempre lo stesso: nulla si distrugge, tutto si trasforma. Questo vale anche per gli oli esausti (ovvero non più utilizzabili a causa della perdita delle loro principali caratteristiche organolettiche) che per lungo tempo hanno rappresentato “solo” un agente altamente inquinante per il terreno e per le acque e che oggi, grazie al ricorso a processi chimico-fisici, diventano biolubrificanti da utilizzare nella cosmesi.