'Sponzata' nell'acqua e condita coi pomodori. Mi presento, sono la frisella
Protagonista indiscussa sulle tavole imbandite di tutta Italia, simbolo inconfondibile della cultura enogastronomica pugliese: la frisella. Da cibo prelibato soprattutto nel periodo del dopoguerra, è poi diventato un alimento tipico della tradizione contadina, condita con pomodoro fresco, rucola, basilico e olio extravergine d’oliva. Oggi la frisella pugliese è tornata ad essere un piatto prelibato, da gustare come antipasto o come piatto unico, da assaporare con tutti i prodotti tipici della Puglia, come la burrata o i pomodori secchi, la stracciatella, il capocollo di Martina Franca o le rape stufate.
Signora Frisella, è stata anche protagonista durante la 59esima edizione della Fiera Internazionale B2B del Turismo a Rimini. Insomma, nonostante gli anni che passano, la sua bellezza non sfiorisce.
La ringrazio e ne sono davvero molto felice ed orgogliosa. La mia storia affonda le radici in un passato molto lontano, ho accompagnato intere generazioni di pugliesi nei momenti più belli, quelli trascorsi a tavola, in compagnia della propria famiglia e dei propri amici, in quei momenti di convivialità e condivisione, insomma, che sopravvivono nella memoria nonostante il tempo che passa. Al TTG di Rimini grandi ed importanti chef del panorama italiano hanno proposto un viaggio emozionale tra i sapori della cultura enogastronomica pugliese, riproponendomi tra i piatti principali: una grande emozione.
Signora Frisella, qual è il segreto per prepararla nel miglior modo possibile?
Bella domanda. Noi non siamo altro che croccanti ciambelle di grano duro che vanno per questo motivo “sponzate” in acqua per renderci più friabili. Pensate che in Salento, dove siamo tra i piatti locali più richiesti, specialmente in passato ci bagnavano nell’acqua di mare, così come avveniva nella tradizione fenicia. La nostra storia infatti, come dicevo poco fa, affonda le radici in un passato lontano. Ma non vorrei annoiarvi.
Assolutamente no. Siamo tutti molto curiosi di scoprire qualcosa in più su di lei.
Se proprio insiste, allora vi accontento. Le mie origini risalirebbero al X secolo a.C., quando eravamo consumate dai navigatori fenici come pane da viaggio, ammorbidito con acqua di mare e insaporito con olio d’oliva. Prima del dopoguerra, quelle fra di noi fatte di farina di grano erano riservata alle sole tavole benestanti, mentre i ceti meno abbienti della popolazione consumavano friselle di farina di orzo o di miscele di orzo e grano.
Possiamo essere conservate per un periodo lungo e questo ci ha sempre resi una valida alternativa al pane, nei periodi in cui la farina era più scarsa. In Puglia infatti siamo anche note come il pane dei Crociati, perchè abbiamo accompagnato le truppe cristiane lungo il viaggio. Siamo state anche il pane dei pescatori; fondamentalmente siamo un cibo da viaggio e spesso siamo state anche consumate come fondo per le zuppe di pesce o di cozze, alimenti abituali durante le battute di pesca che potevano durare anche parecchi giorni.
La vostra è una forma tutta particolare. Il risultato di cosa?
Dice bene. La nostra forma non è il risultato di una ricerca estetica o del caso, ma risponde a precise esigenze di trasporto e conservazione. Pensate che in passato, infatti, venivamo infilate in una cordicella i cui terminali venivano poi annodati a formare una collana, che era molto più facile da appendere per un comodo trasporto e una più semplice conservazione all'asciutto.
Signora Frisella, un’ultima domanda. Più che altro si tratta di una curiosità: condimento tradizionale o gourmet?
Beh, potrei dirle che amo entrambe le variazioni, ma la combinazione tra tradizione e innovazione è quella che senza dubbio preferisco. E’ necessario mantenere stretto e vivo il legame con il passato, anche sulla tavola, ma abbracciare la novità è indispensabile per continuare a sopravvivere e ad essere apprezzati anche dalle nuove generazioni.